È un fatto certamente curioso che un uomo entri nella storia con un soprannome non suo, ma del fratello…
Questo è ciò che avvenne ad Alessandro di Mariano Filipepi, pochissimo noto come tale, ma conosciuto e amato in tutto il mondo con il soprannome di Botticelli, come era appunto chiamato suo maggiore, Giovanni, citato fra i beoni da Lorenzo il Magnifico ed è da lui che il famoso pittore rinascimentale lo ha ereditato.
La grandiosa sala degli Uffizi dedicata alla pittura della seconda metà del Quattrocento fiorentino è tappezzata letteralmente di quadri di Sandro Botticelli, tra i quali la Trilogia della Allegoria della Primavera, la Nascita di Venere, Pallade e il centauro, il bellissimo Tondo della Madonna del Magnificat, la Calunnia e la Adorazione dei Magi, in cui compare l’autoritratto del celebre pittore…
Questa tavola dipinta nel 1475 – Sandro ha quindi circa trent’anni – lo rende famoso ovunque per la sua “aria virile”e il papa Sisto IV lo chiama a Roma nei primi anni Ottanta del Quattrocento per fargli affrescare le pareti della Cappella Sistina.
Aveva già realizzato il primo dei suoi tre quadri per i Medici: l’Allegoria della Primavera, nel 1478, meraviglioso trattato di botanica, tra l’altro.
Malinconico alla fine della vita – secondo la biografia scritta da Giorgio Vasari nella sua monumentale opera sui più eccellenti pittori, scultori e architetti, dedicata, naturalmente al Duca suo, quel Cosimo de’ Medici, futuro primo Granduca di Toscana nel 1569 – Sandro Botticelli vorrà essere sepolto nel 1510 senza celebrazioni eclatanti nella chiesa fiorentina di Ognissanti.
Ognissanti era il quartiere dove abitava ed aveva bottega, lui stesso aveva ordinato un funerale semplice e niente che lo ricordasse, come iscrizioni funebri.
In precedenza invece era stato un autentico fiorentino anche nel gusto per le beffe, così tipiche nella sua città natale.
Il Vasari racconta come ne organizzò una a danno di un suo allievo di nome Biagio, piuttosto “dolce di sale”.
Biagio aveva eseguito una copia di un famoso lavoro del maestro, La Madonna della melograna, e Botticelli stesso gli trovò un acquirente con enorme soddisfazione di Biagio.
Il cliente sarebbe venuto il giorno dopo a bottega per vedere il quadro e pagare i sei fiorini pattuiti. Botticelli suggerì di collocare il tondo in alto per mostrarlo meglio e Biagio lo mise “in luogo assai ben alto” e se ne andò.
Botticelli ed un aiuto di bottega confezionarono otto cappucci con della carta rossa simili che portavano nelle loro riunioni i membri della Signoria, cioè i rappresentati del popolo fiorentino e poi li fissarono con della cera sulle teste degli angeli che circondavano Maria e Gesù bambino.
Il mattino successivo quando Biagio entrò in bottega tutto gongolante assieme al compratore, che era stato avvertito dello scherzo da Sandro Botticelli e alzò gli occhi e rimase allibito nel vedere che gli angeli che lui aveva dipinto con tanta cura erano diventati, nottetempo come per una misteriosa magia, funzionari del governo.
Il povero Biagio stava per gridare contro folletti o spiriti maligni che gli avevano rovinato l’affare, quando ancora più sbalordito si accorse che il cliente e il suo maestro non avevano battuto ciglio guardando il quadro.
Il cliente chiese a Biagio di accompagnarlo a casa a prendere i soldi pattuiti.
Appena uscito dalla bottega i cappelli rossi furono fatti sparire tra grandi risate e quando Biagio tornò nella bottega con i soldi il tondo aveva ripreso il suo aspetto originario.
Allora Biagio farfugliò confuso al maestro dei cappelli che aveva visto in precedenza sul quadro e Botticelli rispose impassibile: “Tu sei fuori di te, Biagio, questi denari t’hanno fatto uscire dal seminato. Se fosse così credi che quel signore avrebbe comperato il tuo dipinto?”.
“È vero, ma non ne ha detto nulla”, replicò smarrito il ragazzo, “eppure mi sembra strano…”.
A stento Botticelli e gli altri aiutanti di bottega riuscivano a trattenere le risa…