Un orlo di terra tra due mari che determina il “tacco d’Italia”. E’ soave il Salento, dal paesaggio che rapisce ed invita a vacanze placide ed assolate.

L’alba ad Otranto e, d’un fiato, il tramonto a Gallipoli. Oppure tutto a Santa Maria di Leuca, lembo estremo, dove il giorno nasce e si smorza sempre nello stesso punto del cielo. Di un azzurro cristallino, come il mare dei due litorali che bagna 250 chilometri complessivi di costa, piana e di finissima sabbia quella jonica, alta e rocciosa l’adriatica. Case bianche, costruzioni e stradine caratteristiche, sovente perduti fra gli ulivi secolari e vigneti delimitati dai tipici muretti a secco.

Punta “Ristola”, a Santa Maria di Leuca separa, nel convincimento popolare, il mare Adriatico dallo Jonio. Al Salento appartiene il punto più ad est d’Italia, quello dove per primo ogni giorno fa capolino il sole: punta Palascìa (dove l’alba di ogni capodanno si fa a spintoni) nei pressi di Otranto, incantevole centro sull’Adriatico, noto come Porta d’Oriente. E tante altre sorprese, particolarità, dettagli e sapori, in una terra dalle mille risorse e dai tanti volti.

Il territorio salentino da scoprire

Il Salento, Tacco d’Italia, si estende nel Meridione pugliese, fra il Mar Ionio ed il Mar Adriatico. Il nome deriva dall’antico popolo dei Salentini, forse provenienti dal mare e stanziatisi sulle rive dello Ionio. Loro sovrano fu un leggendario Re Sale, cui in Lecce è attualmente dedicata una via.

Altra denominazione in uso per designare la provincia di Lecce è ‘Terra d’Otranto’; si testimonia così ancora oggi il primato che nei secoli passati spettava alla città di Otranto nel campo religioso, politico, militare ed economico.

Albero di ulivo e muretto a secco nel Salento
Albero di ulivo e muretto a secco – paesaggio tipico nel Salento – foto di Loubens77

Attraversando il canale d’Otranto nel punto più breve l’Albania dista appena ottanta chilometri, mentre da Gallipoli a Punta dell’Alice in Calabria corrono circa cento chilometri.

Relegata nell’estremo lembo sud-orientale d’Italia, la penisola salentina, pur così ricca di bellezze naturali, di ricordi storici e monumenti artistici, è rimasta sempre isolata, o quasi, dalle molteplici correnti del traffico turistico. In particolare, la superficie della provincia di Lecce è di Kmq. 2.759 (inferiore a quella di Foggia e Bari, superiore a quella di Taranto e Brindisi).

La penisola salentina ha una configurazione pianeggiante, in cui però si distingue a Nord-Ovest l’altopiano delle Murge, la Piana Messapica al centro e le serre salentine a Sud. Caratteristico il paesaggio, che presenta vegetazione arborea in maggioranza costituita da ulivi secolari.

Numerose masserie fortificate, costruite fra il XVI ed il XVII secolo, caratteristici i muretti a secco, costruiti per separare piccoli appezzamenti. Lungo le coste i centri abitati non sono numerosi; spettacolari le scogliere a strapiombo sul mare blu scuro. Numerose le antiche torri di avvistamento costruite per difendersi dai pirati.

Nell’entroterra si incontrano, invece, menhir, dolmen e specchie, che rappresentano uno dei momenti più spettacolari, ma anche più misteriosi, della storia antica di questo angolo di Puglia. Per godersi il mare poi c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Le costruzioni rurali del Salento

Nel Salento molto diffusa nei secoli passati fu l’architettura rurale, basata principalmente sull’incastro delle pietre piuttosto che sull’uso di collanti cementizi, frutto di tecniche tramandate nel tempo.

Le costruzioni a secco ci parlano del passato laborioso delle popolazioni salentine che strapparono dall’inutilizzo i terreni da coltivare, dissodandoli. Questa lunga opera è testimoniata dai muri a secco, che ripercorrono in lungo e in largo l’agro salentino e sono l’elemento forse più caratterizzante del paesaggio rurale; ricordiamo inoltre i caseddhri e le specchie, che punteggiano le campagne leccesi.

Le specchie (dal latino specula ‘luogo alzato‘, ‘posto di guardia‘) sono collinette artificiali, formate da pietre di diverse dimensioni accumulate le une sulle altre. Le ipotesi sulla loro funzione sono molteplici, ma le più accreditate sembrano essere due. Quella che vede le specchie come monumenti funerari sorti in prossimità di sepolture; la seconda è quella secondo cui sarebbero dei semplici punti di avvistamento.

Molto problematica è anche la loro collocazione cronologica, sebbene alcuni studiosi ritengono che, almeno in parte, esse risalirebbero addirittura al neolitico. Molto più variegate sono le tipologie di caseddhri dalla forma troncopiramidale o troncoconica che si ritrovano nelle campagne salentine, variabili per forma, per dimensioni e per struttura interna.

Nati probabilmente come rifugi temporanei o giornalieri per i contadini, si ingrandirono progressivamente sino a ospitare un’intera famiglia. Vennero, inoltre, arricchiti da nicchie interne e da scale esterne utilizzate per raggiungere il tetto, che d’estate veniva usato per l’essiccazione dei fichi.

In genere, venivano collocati ai bordi di un podere, in modo tale da occupare al minimo la superficie coltivabile.

Questi non sono trulli, come erroneamente vengono definiti da visitatori, ma veri e propri depositi di attrezzi da lavoro per la campagna. Con i trulli hanno solo una cosa in comune, l’uso di pietre per l’edificazione, ma forma, grandezza e destinazione sono completamente differenti.

Le Torri Fortificate nel Salento

Il territorio salentino, soprattutto costiero, è costellato da torri. L’ edificazione delle torri litoranee nel Salento può essere compresa, di massima, entro i due secoli e più di dominio spagnolo nel meridione.

Un piccolo passo indietro è però necessario per entrare nel clima di quei tempi. Il 1480 sì verificò l’episodio più atroce delle scorribande turche nel Salento: l’eccidio di Otranto. La città fu poi ripresa dai turchi ma i veneziani si fecero vivi nel Salento ferito, occupando vari comuni: Gallipoli (l’assedio e l’eroica difesa, 19-5-1484), Nardò, Copertino, Galatone, Parabita, Racale, Felline, Alliste. Seclì, Matino, Aradeo, Taviano e Casarano.

La Serenissima e Napoli addivennero poi a più miti consigli e il 1485 fu l’anno in cui si trattava la fine delle ostilità. C’è poi il fattaccio della richiesta di aiuto ai turchi da parte del re di Francia (la fiotta di Solimano fu in Telone a «svernare» con 14000 «turchi da sbarco»). Oltre l’invito «ufficiale», che portò la flotta turca a Nizza e Telone, ci fu il gioco fatto dai feudatari spodestati ed esuli (Caracciolo, del Balzo) con i pirati algerini che guidavano le flotte ottomane, nella speranza di recuperare le proprie terre dagli spagnoli.

Gli italiani intanto combattono ora per gli spagnoli ed ora per i francesi e spesso sono in campo contemporaneamente per gli uni e per gli altri. I turchi, in verità, si erano sempre fatti vivi nel Salento, il territorio più esposto, evidentemente, per la sua posizione geografica: prima dell’episodio di Otranto, che resta il maggiore, e dopo. Non mancarono sbarchi a Castro (il 1537 e 1543) con scorrerie nei paesi limitrofi.

E la nota esclamazione «mamma, li turchi!», ha certo riferimento alla vista dei pirati algerini e ottomani, sempre crudeli e saccheggiatori, quando non stupratori, e al balenare della scimitarra e alle teste tagliate. In Gallipoli, quel clima di terrore popolato di fantasmi coniò un’altra espressione dialettale inimitabile e densa di significato anche deridente: «ogni mucchiu nde pare turchiu» per dire che ogni stormire di foglia, ogni ombra, era sufficiente a destare allarme e batticuore, a materializzare a volte anche l’inesistente.

Per difendersi dunque da tutti questi attacchi e dalle invasioni si edificarono, qua e là, tra le dune e nelle vicinanze delle mura antiche delle città, torri di difesa e di vedetta.

Ancora oggi queste torri sono ben visibili e svettano lungo le coste e nei promontori. Tra queste degna di note è quella di Torre Inserraglio, vicino Nardò; oppure Torre Sabea, nei dintorni di Gallipoli.

Il mare del Salento, una penisola nella penisola

La provincia di Lecce è una penisola in una penisola,  qui infatti abbiamo a disposizione due mari. Possiamo andare sullo Ionio se tira tramontana, sull’Adriatico se tira scirocco, a Porto Cesareo se preferiamo i fondali bassi e sabbiosi, a Castro se preferiamo gli scogli e le acque profonde.

Il mare è un bene però da conservare e da tenere pulito sempre: industrie chimiche e scarichi fognari fanno già i loro danni, non mettiamoci anche noi con lattine, cicche e oggetti d’ogni genere. Non è piacevole nuotare in mezzo a rifiuti, toccando viscide buste di plastica simili a meduse.

Per quanto riguarda le imbarcazioni, evitiamo quelle a motore o comunque usiamole alla distanza regolamentare dalla riva (la Capitaneria di Gallipoli ha promesso particolare rigore nel colpire gli indisciplinati). Il mare ha una sua musica che è un peccato coprire col rumore di un motore: è la musica del vento, delle onde, dei gabbiani in volo. Per ascoltarla conviene fare lunghe nuotate oppure allontanarsi dai luoghi affollati in wind-surf o in canoa.

Ma se proprio non ve la sentite di affrontare il mare da soli, senza la sicurezza di un motore, allora affittate un barcone. Il litorale più interessante è quello tra Otranto e Leuca. Con una spesa relativamente bassa, eventualmente da dividere in più persone, un pescatore vi mostrerà le insenature più belle e le grotte più nascoste.

Dal mare vi innamorerete della costa brulla e selvaggia, delle acque profonde e delle torri costiere. Potrete vedere le gravine arrivare al mare e trasformarsi in splendide insenature dal fondo sabbioso. L’isola di Sant’Emiliano, porto Miggiano, ia grotta del lago vicino Novaglie e l’insenatura del Ciolo vi affascineranno con la loro bellezza.

Un discorso a parte merita la pesca, una vera passione per tanti leccesi e per tanti turisti. I pescatori sono nella maggior parte grandi conoscitori ed amanti del mare, ma una piccola minoranza riesce a provocare danni enormi all’ambiente marino, usando metodi di pesca discutibili.

Altrettanto severi dobbiamo essere con noi stessi, rinunciando a mangiare la tartana (detta anche fracaglia o schiuma di mare). La prelibatezza di questo piatto è innegabile, ma la pesca del novellarne con reti e maglie strette altera i cicli riproduttivi della fauna marina.

Per conoscere meglio questa fauna, basta dotarsi di una maschera ed un boccaglio. Nuotando lentamente tra gli scogli di Santa Caterina o tra i massi dell’antico molo di San Cataldo, potrete ammirare i rossi tentacoli delle attinie, i guizzi dei cefali a pelo d’acqua, la lotta mortale tra le stelle di mare ed i ricci. Scoprirete che i polpi all’occorrenza sono velocissimi e che le lumache di mare nuotano con eleganza inaspettata.

Ci sarebbe ancora tanto da dire sul  territorio salentino: le mangiate di ricci con la provola a Porto Badisco, i ruderi del castello del duca di Atene a Poca, le dune a Lido degli Angeli  e tanto altro ancora. L’unico modo per conoscerli e “gustarli” è farsi una bella vacanza  nel Salento.

Le coste e le grotte

Centocinquanta chilometri di spiagge, calette e scogliere, bagnate dall’Adriatico e dallo Ionio, fanno del Salento una delle mete più attrattive per una vacanza estiva tutta mare e sole. Paesaggi da favola dove la natura, ancora in parte selvaggia, si addolcisce di colpo per lasciare spazio a piccoli e grandi gioielli del barocco, città d’arte o semplici masserie. Tra i tanti posti da scoprire, le grotte.

Tra queste la neolitica grotta dei Cervi, a Porto Badisco, uno dei più imponenti monumenti d’arte pittorica rupestre d’Europa, con oltre 3.000 disegni in ocra e guano di pipistrello; la Grotta Romanelli, a ridosso di Castro, con i primi graffiti pugliesi dal forte simbolismo sessuale, e la Grotta Zinzulusa, ricca di stalattiti e di stalagmiti, accessibile dal mare percorrendo un avventuroso sentiero.

Le grotte Gattulla, Fetida, Sulfurea, e Grande, la Romanelli e la Zinzulusa

A Santa Cesarea Terme, famosa per le acque terapeutiche, si trovano le cavità carsiche più importanti: le grotte Gattulla, Fetida, Sulfurea, e Grande, ricche di acque e fanghi; la grotta Palombara rifugio di centinaia di colombi selvatici; le grotte Verde e Matrona, la Rotondella e la Rotonda, ed ancora le grotte del Diavolo, delle Tre Porte e di cala dell’Elefante, affacciate sul mare di fronte a Tricase.

Ma due su tutte, tra le 54 cavità marine presenti sul litorale tra Porto Badisco e Leuca, la Romanelli e la Zinzulusa meriterebbero da sole una visita lunga e oculata. La grotta Romanelli è ritenuta da una delle più importanti stazioni della preistoria. Qui, oltre a sorprendenti resti di animali estinti, sono stati rinvenuti raffinati oggetti litici caratteristici della grotta ed importanti graffiti, oltre ad un cranio umano che secondo gli studiosi risalirebbe a 12000 anni fa.

L'entrata della Grotta Zinzulusa nel Salento
L’entrata della Grotta Zinzulusa nel Salento – foto di Shaw di Wikipedia (CC BY-SA 3.0)

L’altra grotta di cui abbiamo menzionato è la Zinzulusa, situata a meno di un chilometro a sud della cittadina di Castro; il suo nome deriva dal termine dialettale “zinzuli” che significa brandelli, frange, stracci, e siccome le stalattiti che pendono sull’ingresso della grotta rassomigliano a tanti brandelli di stoffa, essa si è vista attribuire il nome di “Zinzulusa” vi si arriva dal mare o percorrendo un breve percorso pedonale ricavato nella roccia. La grotta venne scoperta nel 1793 dagli abitanti di Castro, ed il vescovo di allora, monsignor Antonio Del Duca, la battezzò con evidente spirito classicheggiante “tempio di Minerva”.

Agli inizi del Novecento si pensò di sfruttare come fertilizzante il guano depositato a tonnellate dai pipistrelli soprattutto nel grande antro detto, per l’appunto, dei Pipistrelli; l’estrazione durò dal 1906 al 1950. Oggi, anche se il guano è praticamente esaurito, sono ancora abbastanza numerosi i pipistrelli, di cui si avverte il caratteristico squittio e di cui si può spesso vedere qualche esemplare. Le grotte sono visitabili nel periodo estivo, ma qualche volta sono aperte anche in occasioni di eventi particolari o nel periodo pasquale.

Ai piedi della città vecchia di Castro ci si tuffa nelle acque di una delle insenature più affascinanti della regione. Il tratto di costa che va da Punta Ristola fino alla Baia di Uluzzo regala acque dai giochi di colori e riflessi irripetibili.

Tra Lecce e Otranto si incontrano piccoli angoli incantati, come la lunga spiaggia sabbiosa della Baia dei Turchi, nei pressi dell’oasi naturalistica dei laghi Alimini; l’ampia baia di Torre dell’Orso, particolarmente frequentata nei mesi estivi, o le tranquille insenature nei pressi dell’area archeologica di Roca Vecchia.

Laghi Alimini
Laghi Alimini – foto di Lupiae (CC BY-SA 3.0)

Vicino a Gallipoli, la città “bella”, numerose sono le spiagge attrezzate e le insenature libere su cui trascorrere momenti di relax e divertimento.

Da Torre san Giovanni marina d’Ugento sino a alle marine di Nardò, Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, è un susseguirsi di spettacolari insenature e paesaggi mozzafiato, come quello di Torre Inserraglio. Negli ultimi anni l’offerta turistica e soprattutto il numero di posti letto è cresciuto a dismisura, a motivo anche dei tanti appartamenti privati affittati nella stagione estiva dai proprietari.

Masserie e massari del Salento: storia, tradizione e turismo

Nel Salento in tempi non molto lontani alcune persone vissero per tutta la loro vita nell’ambiente rurale, a contatto con la natura: i massari. Certamente avevano una predisposizione alla solitudine e al lavoro non solo per l’allevamento del bestiame, ma anche per la trasformazione del latte in prodotti caseari.
Molte volte chi si dedicava a tale attività discendeva da una famiglia che aveva una tradizione in merito oppure era colui che, non trovando altre possibilità, intraprendeva un’esperienza che lo avrebbe coinvolto per sempre.

Il massaro era alle dipendenze di un grosso proprietario terriero che gli affidava non soltanto i capi di bestiame, ma anche i poderi in cui erano situati i pascoli e la masseria. Non sempre però il foraggio e l’erba presenti nella proprietà avuta in gestione erano sufficienti a soddisfare le esigenze nutritive del bestiame, specialmente quando vi erano centinaia di capi da alimentare.

Per tale motivo molte volte il massaro faceva pascere abusivamente gli armenti e le mandrie nei campi confinanti, dando origine, se veniva sorpreso, a litigi con i legittimi possidenti che talvolta adivano le vie legali per ottenere un risarcimento dei danni subiti.

Spesso, per evitare il contenzioso, il massaro cercava l’accordo proponendo un compenso attraverso la donazione di qualche agnello o di alcuni chili di formaggio. I massari erano persone poco istruite e a volte poco raffinate dal punto di vista delle buone maniere.

La loro esistenza era caratterizzata dalla semplicità, dall’accortezza e nello stesso tempo dalla naturalezza nei modi di agire, adeguati tanto alle condizioni ambientali, quanto a quelle atmosferiche. Una volta abituati alla campagna, stanziavano per tutta la vita nello stesso luogo, perché si affezionavano alla terra da cui traevano beneficio e soddisfazione. La loro dimora era la masseria. Questo tipo di fabbricato rurale veniva insediato, se l’estensione della proprietà lo permetteva, a poche centinaia di metri dai paesi oppure lontano alcuni chilometri.

Per la sua ubicazione il proprietario decideva se edificarlo verso uno dei confini o al centro dei terreni. In entrambi i casi veniva collegato da una strada che attraversava il podere partendo da quella pubblica esterna. Dal punto di vista architettonico e strutturale le masserie avevano caratteri ben definiti, ma semplici e privi di ornamenti.

Vi erano esempi di fabbricati costituiti da un solo grande vano, in cui il massaro viveva e trasformava il latte in derivati, oppure da più ambienti. Solitamente la masseria costituita da una parte abitativa e da una parte adibita per la lavorazione e la stagionatura dei formaggi era quella ideale. Sia quelle di superficie modesta che quelle più ampie avevano in dotazione gli ovili, le stalle e anche un fienile.

Distante dal corpo di fabbrica veniva scelta una zona dove si realizzava la raccolta dello stallatico. Le masserie costituite da un solo grande vano avevano una porta d’ingresso non molto ampia per non disperdere il calore del fuoco che ardeva nel camino e consentire il riscaldamento interno in tempi molto brevi.

Oggi le masserie sono divenute in massima parte centri agrituristici, B&B attrezzati o locali da ristoro (Segui questo link per alcune offerte turistiche in merito http://www.nelsalento.com/masserie-e-dimore-storiche.html).

Praticamente nessuna oggi ha le funzioni e le caratteristiche primordiali. Questo non solo a causa dei tempi diversi e che hanno visto la scomparsa delle figure professionali dei massari, ma anche per una gestione del territorio sensibilmente diversa, mirata ad una valorizzazione e ad una destinazione prettamente turistica.

Città da visitare

Fra le province pugliesi Lecce ha il maggior numero di Comuni: ben 94. Pochi di essi superano però i ventimila abitanti. La massima distanza da nord a sud della provincia è, in linea d’aria, di Km. 85. Le città di maggior richiamo turistico sono, oltre a Lecce: Nardo, Gallipoli, Otranto e Tricase.

Tralasciando la descrizione del capoluogo, soffermiamo invece la nostra attenzione sugli altri quattro Comuni leccesi.

Nardò e Gallipoli

Nardò, l’antica “Neritum”, è indicata quale meta turistica tra le più importanti del Salento e della Terra d’Otranto. Questa antichissima città di origine messapica e romana fu uno dei centri bizantini più importanti del Salento nel Medioevo. Del suo passato splendore conserva la maestosa Cattedrale romanica, costruita nel 1090 sui resti di una chiesa “basiliana”.

Centro storico di Gallipoli
Centro storico di Gallipoli – foto di matteoferrari870

Tra gli altri monumenti sono da ammirare: le chiese di S. Domenico, di S. Giuseppe, dell’Immacolata e del Carmine; una ‘edicola’ del XVI secolo, costituita da una cupola appoggiata su agili colonnine, denominata “Osanna”. A pochi chilometri dalla città, sulla strada litoranea che conduce a Gallipoli, si trovano le due splendide località balneari neretine: S. Caterina e S. Maria al Bagno.

La seconda città salentina che segnaliamo per conoscere più da vicino il Salento è Gallipoli. Per scrivere di Gallipoli occorrerebbe molto più spazio: pertanto ci limitiamo a dire che merita il denominativo di città bella (dal greco Kalè Polis) assegnatele dai Greci. La città conserva ancora oggi un aspetto orientale, a conferma delle sue origini millenarie.

Le due zone della città sono unite da un ponte seicentesco. Nel campo commerciale e mercantile, un tempo, il suo nome era conosciuto in tutto il mondo. I suoi tesori artistici e monumentali sono oggi tra i più rilevanti del Salento. Tra questi ricordiamo la con-Cattedrale dedicata a S. Agata, le chiese della Purità, di S. Francesco d’Assisi, di S .Teresa e del Crocifisso, nonché la Fontana Greco-Romana, forse la più antica d’Italia. Per il turista alla ricerca di nuove emozioni rappresentano una tappa obbligata le visite al Museo-Biblioteca comunale e ai Frantoi ipogei di Palazzo Granafei. Stabilimenti balneari attrezzati, vari alberghi e accreditati ristoranti offrono al turista ogni comodità.

Otranto e Tricase

Un’altra città salentina che il turista colto non deve dimenticarsi di visitare è Otranto. Un decoroso silenzio fascia questa nobile cittadina, una volta attivo centro commerciale, culturale e religioso. Essa fu distrutta nell’agosto 1480 dalla furia dei Turchi col sacrificio di 800 martiri cittadini, le cui ossa si possono ancora venerare nella Cattedrale, che merita una visita anche da parte di un turista frettoloso.
Oggi Otranto è porto peschereccio, commerciale, capolinea di traghetti e centro balneare. La città vecchia è chiusa dentro una cinta muraria con torrioni, nella quale si apre l’imponente porta Alfonsina (1481).

Marina Serra (Tricase)
Marina Serra (Tricase) – foto di exploringpuglia

 

Un altro centro di particolare interesse turistico è Tricase. Anche questa cittadina, situata sulla costa orientale del Salento, è ricca di opere d’arte. Tra le chiese, da visitare sono: la chiesa Madre dedicata a S .Maria del Foggiaro, che risale al XVII sec. e la chiesa di S.Angelo, dei primi anni del ‘600. Al centro della città sorge il Castello cinquecentesco, che è uno dei meglio conservati della provincia. Ben altri 90 Comuni, ognuno dei quali possiede ineguagliabili opere artistiche, conservano il patrimonio storico, artistico e culturale della terra leccese; spetta al visitatore attento e curioso andare a scoprirli.

Altre curiosità sul Salento

Sole, mare e piacevole brezza durante la stagione estiva, sempre calda e sovente torrida, che travalica i confini del calendario persistendo quanto meno da maggio a metà ottobre. Mite l’inverno con temperature gradevoli e tantissime giornate soleggiate. Luogo ideale dove vivere per chi non ama il freddo, piacevole rifugio estivo per gli amanti del sole e delle spiagge.

Tra alberi di ulivo, mandorlo e fico d’India che si stagliano nei colori vividi dell’estesa macchia mediterranea, si colloca un’autentica enclave culturale. Dialetto, architettura barocca e pietra leccese (imperdibili le piazze ed i monumenti di Lecce, che della provincia è il capoluogo), tradizioni popolari quali pizzica e tarantismo, manifestazioni artistiche divenute già un cult nel panorama nazionale – ed in alcuni casi anche internazionale – ed enogastronomia costituiscono entità caratterizzante rispetto al resto della Puglia.

Dialetti

Di fatto, una particolarità sorprendente e poco conosciuta del Salento, sono i dialetti. infatti esistono diverse Enclaves etnico-linguistiche: ad esempio nel Salento centrale (nella zona cosiddetta Grecìa Salentina) si parla un dialetto noto come Grecanico o Griko, che forse ha avuto origine da migrazioni medievali.

La “pizzica-pizzica”, il ballo del Salento

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La Taranta, il cui nome scientifico è Lycosa tarentula, è un ragno a cui si attribuisce una velenosità i rispetto a quella reale, ma soprattutto è la sua puntura che crea fastidio e che porta, secondo un’antichissima tradizione popolare, alla pazzia, all’isterismo.

Da qui il fenomano del Tarantolismo o Tarantismo, una sorta di follia collettiva che travolge i partecipanti ad un rito quasi liberatorio, come un esorcismo.

Oggi questo fenomeno è ridimensionato e il termine Tarantismo si associa prevalentemente alla manifestazione folcloristica della “Pizzica“, nome che serve a indicare appunto il morso della Taranta. La “Pizzica” è un fenomeno di costume salentino, anzi si può dire che tarantismo e “Pizzica” sono due facce della stessa medaglia.

Le piazze del Salento, in particolare quelle della Grecìa salentina, sono soprattutto in estate ricche di manifestazioni che ripropongono i suoni e le danze popolari. “Suona e canta che ti passa” lo dicevano i vecchi per spiegare che tristezza e malinconia trovavano, e trovano per fortuna ancora oggi, la loro fine nella musica, nel canto, nella danza. E il Salento, un tempo terra di dolore e di sfruttamento, abbonda di espressioni musicali di vario genere che accompagnavano i momenti della vita.

La danza popolare caratteristica di tutta l’area salentina era ed è la «pizzica-pizzica». Nella società contadina, questo era l’unico ballo consentito perché gli altri inducevano ad abbracciare la donna, e ciò era considerato dalla cultura dominante un fatto provocatorio e scandaloso.

Ma la «pizzica-pizzica» era condotta su di un ritmo musicale sostenuto da tamburelli e tammorre così coinvolgente ed era accompagnata da una gestualità così ammiccante che anche se i ballerini non si sfioravano mai, pure tra i due si sprigionava una forte carica sessuale.

L’uomo saltellando a piccoli passi, battendo le mani e facendo schioccare le dita, si preparava alla ronda attorno alla donna, ronda che mirava alla sua conquista e al suo possesso. Egli allargando e stringendo le gambe si avvicinava alla ballerina, la sfiorava, la urtava con una spalla per incitarla a scaldarsi e strizzava l’occhio continuamente in un muto ma eloquente significato.

La donna, catturata dai suoni e dalla calda tensione, prendeva i lembi del suo grembiule, poi li lasciava cadere, metteva le mani sui fianchi, le alzava per schioccare le dita, si molleggiava sinuosamente, portava le mani tra i capelli, girava in mezzo alla stanza, ora avvicinandosi, ora allontanandosi dall’uomo in un eccitante su e giù.

E cantava: «Ballati vucca a vucca, ca la donna luntana, l’omu cucchia». («Ballate bocca a bocca, che se la donna s’allontana, l’uomo si avvicina»).

La «pizzica-pizzica» andava avanti così per molto tempo, finché la donna, spossata, cedeva simbolicamente all’uomo.

Oggi, strano ma vero, ci sono scuole di ballo che insegnano la pizzica in tutta Italia, soprattutto al Nord, segno che la tradizione salentina non solo non muore, ma si diffonde anche fuori dai propri confini. Pizzicando, pizzicando…si va lontano.

Enogastronomia: Cucina tipica salentina, buone in ogni stagione

Inoltre nella terra baciata dai due mari, non può mancare una spiccata tendenza verso la dieta mediterranea, che prevede numerosi piatti tipici a base di verdura e pesce caratterizzano carne di cavalle e di agnello viene usata nelle preparazioni più tipiche, come ad esempio i pezzetti, un particolare spezzatino di carne di cavallo molto piccante.

pasticciotto mignon di Galatin
pasticciotto mignon di Galatina – foto di I, Calcagnile Floriano ( CC BY-SA 3.0)

 

Puccia, friseddhre, pittule, rustici, pasticciotti e dolci di pasta di mandorla. E “lu mieru”, il vino salentino: Primitivo, Negramaro, Malvasia.

«Nelle sue mense la provincia di Lecce – scrive Luigi Sada – ricorda la raffinata cucina del periodo d’oro della civiltà ellenica e quella festosa e violentemente colorata della dominazione spagnola». È una cucina fatta di piatti semplici, dalle ricette poco elaborate, che si distingue per la sua genuinità, per i suoi sapori delicati e a volte intensi.

Ingrediente essenziale è l’olio d’oliva, fatto in questa terra; ricchissima è la varietà di ortaggi e di verdure di pregiata qualità.

Il pesce è gustoso: la sua fama ha superato i confini della stessa regione; è rinomata la zuppa di pesce di Gallipoli, piatto richiestissimo e tramandato fin dai tempi della Magna Grecia.

Alcune specialità: da non lasciarsi sfuggire spaghetti al sugo di granchi, i risotti ai frutti maregli spaghetti alle cozze, le tradizionali orecchiette con la ricotta forte; le uova di tonno bollite, tagliate a fette e condite con olio e aceto, purpu stana, il polpo lesso con olio e limone, oppure fritto, i masculari (pesce) arrosto, le cozze gratinate, gli arrosti di lutrini e saraghi. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Tipico prodotto della gastronomia locale è la scapèce, un piatto antichissimo: sono pesciolini fritti bagnati con aceto e conservati tra strati di pane grattato e spolverati di zafferano.

Tutti questi piatti vanno naturalmente accompagnati dagli ottimi vini del Salento; questi, che nulla hanno da invidiare, sul piano qualitativo, ai più noti vini italiani e non, fino a qualche tempo fa erano in gran parte mortificati nel ruolo di “vini da taglio”, usati cioè per irrobustire, dal punto di vista alcolico e del colore, i blasonati vini del Nord, e gli altrettanto famosi vini francesi (dal porto di Gallipoli quasi quotidianamente partivano fino a pochi anni fa navi cisterna alla volta della Francia).

Di recente si è però sviluppata una progressiva tendenza alla qualificazione dei vini salentini, che finalmente vengono imbottigliati in modo massiccio in loco, ed alla promozione sul mercato nazionale ed internazionale. L’Europa proprio in questi giorni ha riconosciuto la particolare origine del vino rosato salentino, mettendo al bando delle bieghe imitazioni. Tutto ciò grazie anche all’istituzione di vari vini d.o.c. ed all’attività di alcune cantine sociali ed aziende private.

Le specialità dolciarie sono tante e c’è davvero l’imbarazzo della scelta, soprattutto fra i dolci fatti con la pasta di mandorla. Tra i più tipici vanno citate le cartaddhate e i purciaddhuzzi, che vengono generalmente preparati nel periodo natalizio. Ma anche l’agnello di marzapane, che si consuma a Pasqua.

Cosa fare nel Salento

Ecco un’elenco di alcune variegate attività che potrete svolgere durante la vostra vacanza nella terra del sole, il Salento:

 

Vivi la tua Vacanza nel Salento

Il mare da specchiarsi, il sole rovente, il cielo di un blu intenso, le tante bellezze architettoniche e l’ospitalità della gente: molteplici sono gli ingredienti che spingono ad una vacanza nel Salento, terra incantata impossibile da dimenticare!

Dunque il Salento si conferma leader in Italia quanto a proposte turistiche, sia naturali che culturali. Le chiese, i borghi antichi, i monumenti, dal fascino barocco ed orientaleggiante, sono una ricchezza culturale e artistica unica al mondo. Da rispettare e non trascurare.

Per il turista, l’esploratore e il visitatore, parecchi sono gli hotel dislocati in tutto il territorio del Salento, da una a quattro stelle, in grado di offrire comfort. Chi volesse spendere cifre meno esose inoltre, potrà optare per le soluzioni meno costose: bed & breakfast ed appartamenti Salento offrono sicuramente una valida alternativa per chi vorrà soggiornare nelle principali località salentine a basso costo.

Per le tue Vacanze nel Salento eccoti alcune proposte:

Tour consigliati

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