I Principali Argomenti
La provincia bresciana è ricca di siti archeologici, monumenti e castelli che hanno segnato la storia e la cultura della zona nei secoli passati. Le origini di questa provincia italiana sono antichissime, risalgono alla preistoria.
Testimonianza di ciò è il Parco regionale delle incisioni della Valcamonica, che è stato il primo complesso monumentale italiano ammesso dall’Unesco a far parte del patrimonio culturale-naturale del mondo. In tutta la vallata ci sono ben 78 località dì arte rupestre con oltre 170 mila figure, le prime risalenti all’età del bronzo iniziale (1800-1500 a.C.).
Una roccia, detta anche «la roccia grande» a Naquane presso Capo di Ponte, contiene da sola ben 870 figure di impronta preistorica.
Non a caso proprio a Capo di Ponte è sorto nel 1964 il Centro Camuno di Studi preistorici.
Lo stesso stemma della regione Lombardia riproduce un graffito dei Camuni: una stilizzata rosa a quattro petali. Se Brescia è, tra le città lombarde, la più ricca di testimonianze romane con il Tempio Capitolino, il Teatro romano, la famosa statua in bronzo della Vittoria Alata, copia romana di originali prassitelici risalenti al I secolo e altre vestigia romane non mancano neppure in provincia.
Grotte di Catullo e Sirmione
Celeberrime le grotte di Catullo a Sirmione, zona archeologica tra le più note, dove si trova anche la villa del poeta Catullo, uno dei più grandi poeti latini di tutti i tempi. Non lontano da Sirmione, a Desenzano, vi è la famosa villa romana ove è possibile ammirare mosaici policromi del IV secolo.
Il ritrovamento a Salò di una necropoli databile tra il I e il IV secolo attesta anche che la città e il territorio furono sedi di un importante insediamento romano. Superato il periodo delle invasioni barbariche e del dominio dei Longobardi, vengono costruiti intorno all’anno 1000 i primi borghi fortificati, i castelli e le pievi che hanno resistito all’usura del tempo e alle guerre e sono tutt’ora discretamente conservati.
Esemplari di architettura romanica (secc. X-XII) sono la Pieve di San Sìro a Gemmo, blocco compatto che si erge quasi a picco su una rupe, e la Pieve di San Salvatore a Capo di Ponte, unico ben conservato resto di un monastero cluniacense dell’XI secolo.
Altro capolavoro romanico è il Sant’Andrea di Maderno e l’omonima Pieve d’Iseo il cui campanile è un vero gioiello.
Tra i castelli e le ville degni di nota sono la fortezza voluta da Mastino della Scala a Sirmione (1276), che è uno degli esempi più belli di architettura militare e il castello di Lonato costruito nel 1334 da Azzone Visconti, restaurato nel 1909, che è di un interesse piuttosto unico essendo stato arricchito di arredi e di una biblioteca ricca di oltre 40 mila volumi.
I Camuni e la provincia bresciana
Nella provincia di Brescia, in particolare a Marone-Zone si possono ammirare le formazioni rocciose moreniche dette “piramidi” per le forme verticaleggianti. Di là dai monti che si stagliano a est, c’è la Val Trompia, da secoli fucina d’armi da sparo. Poi, superando gallerie scavate nella roccia viva, come quella del Trentapassi, o il singolare tunnel che a Vello passa sotto la chiesa parrocchiale di San Martino Vescovo, e tratti di ferrovia a strapiombo sull’acqua, si entra nella Val Camonica, alternando lo sguardo tra la riva destra e quella sinistra del fiume Oglio che la attraversa.
Qui l’antica popolazione dei camuni si perde nella preistoria, le tracce della loro civiltà hanno resistito persino alle occupazioni dei romani, dei longobardi e dei franchi, fino agli austriaci, quando ormai le loro vestigia appartenevano al passato remoto, età del ferro e del rame.
Ma hanno lasciato una traccia unica nel vecchio continente, divenuta famosa in tutto il mondo: un’enorme distesa di incisioni rupestri, con scene di caccia, di agricoltura, di duelli e contese, tradizioni tramandate come i riti della fertilità o quelli magici, e si calcola che siano almeno trecentocinquantamila, disseminate soprattutto nel Parco di Naquane – raggiungibile a piedi dalla stazione di Capo di Ponte – e in vari altri parchi circostanti, dal 1979 tutelate dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Forse il parco di Bedolina-Seradina, sebbene meno esteso, lascia il ricordo più incisivo: togliendosi le scarpe, si può camminare sulle lastre di roccia levigata dai ghiacciai del Neolitico, fino a sfiorare le incisioni, ammirandone ogni scalfittura, ogni singolo colpo di selce o di ferro che millenni addietro ha creato queste singolari opere dell’ingegno umano.
Inoltre, qui si può visitare la suggestiva pieve romanica di S. Siro.
Insomma la provincia bresciana è ricca di storia antica, di reperti visibili in loco, ma anche conservati in musei, come quello di Santa Giulia a Brescia.
I Camuni e la Val Camonica: la cultura ha “incisioni” profonde
Quando si parla di Camuni, non si può non citare la Val Camonica (Brescia), che a loro deve il suo nome, una vallata delle Prealpi centrali formatasi dopo l’ultima glaciazione ed estesa per 90 chilometri a nord del Lago d’Iseo.
Proprio come Stonehenge, in Inghilterra, o Carnac, in Francia, questo luogo è ricco di testimonianze preistoriche: le sculture rupestri (oltre 200.000 figure incise nella roccia!) lasciate dall’antichissima civiltà che vi abitò dal 6.000 circa a.C. fino alla dominazione romana. Una civiltà di agricoltori, cacciatori e pescatori che usavano trappole e armi di legno appuntite.
Le donne e i bambini si dedicavano alla ricerca di frutti, foglie, germogli e semi, imparavano a riconoscere piante e frutti commestibili.
Oltre al lavoro, i Camuni incidevano sulle rocce scene raffiguranti la vita quotidiana (battute di caccia, attività artigianale, scene agresti, animali (buoi, cervi, capre, camosci, stambecchi, volpi, uccelli), armi (archi, frecce, pugnali), combattimenti, riti religiosi e simboli in buona parte ancora da decifrare.
Davanti alle loro incisioni, realizzate con pietre appuntite o utensili di ferro, i Camuni danzavano e recitavano preghiere, convinti di poter ricevere l’aiuto degli dèi (o comunque di forze potenti che dominavano il cosmo) nella caccia, nell’agricoltura e nell’allevamento.
Una delle immagini più diffuse in Val Camonica è quella del Cervo, che i Camuni credevano dotato di forti poteri magici, perché riusciva facilmente a scomparire nel bosco: era il primo dio dell’anno, che allora iniziava il 27 luglio.
I musei di Brescia
Brescia è una città lombarda conosciuta più per il suo valore industriale ed economico, che per quello culturale, artistico e turistico. E’ una città moderna, ma con ampi spazi di architettura che risalgono a secoli e secoli fa, a cominciare dall’epoca romana. In questo piccolo gioiello si incastonano perle come i musei, tutti da visitare per le innumerevoli e pregiate opere che custodiscono.
Il breve tour può prendere il via dal Museo delle Armi Antiche, inaugurato nel 1988 e considerato tra i primi in Europa, espone al pubblico 580 pezzi fra i 1090 facenti parte del lascito del Cavaliere del Lavoro Luigi Marzoli al quale l’istituto è stato dedicato. Il museo è collocato in Castello nel Mastio Visconteo, che rimane l’unica imponente testimonianza in città dell’assetto difensivo approntato dai Visconti alla metà del secolo XIV. Nell’edificio medioevale sono inglobati resti di un tempio romano (I sec. d.C.). Il materiale, databile tra il XV ed il XVIII secolo, è ordinato in vari settori, suddivisi per epoche e tipologie e documenta in particolare la produzione bresciana di armi, che vanta una tradizione plurisecolare.
La prima sala dell’esposizione ha per tema l’armatura del Quattrocento ed alcuni pezzi, quali il grande elmetto alla veneziana ed il bacinetto con la tipica visiera a muso di cane, sono esempi di straordinaria importanza per la loro rarità e per l’essenzialità formale. Gli elmi si accompagnano con significativi esempi di armi bianche contemporanee. Tutto il resto che è magnificamente esposto, ve lo lasciamo scoprire da soli, invitandovi ad un’attenta visita.
Altra perla è il Museo romano che ha sede nel Tempio Capitolino, il Museo Romano nasce nel 1826 sotto forma di Museo Patrio con lo scopo principale di accogliere i bronzi romani da poco scoperti, tra cui la celebre Vittoria alata, oltre a oggetti preistorici ed iscrizioni romane rinvenute in città e nel territorio. Il tempio, eretto da Vespasiano fra il 73 ed il 74 d. C, chiude l’estremità settentrionale della piazza del Foro (l’antico Foro romano). Del complesso monumentale del Capitolium ancora si vedono il pronao che si erge sopra un alto podio con colonne corinzie ed il grande avancorpo coronato dal timpano ed architravato con la dedicazione a Vespasiano. Sotto il pronao sono stati trovati gli interessanti resti del Santuario Repubblicano, il più antico edificio sacro romano della val Padana.
La sezione epigrafica e quelle che raccolgono i materiali da collezione e di provenienza da scavo costituiscono i tre nuclei del museo. I reperti di provenienza locale trovano nell’esposizione ali ‘interno del Capitolium una collocazione che ne esalta, con una fitta trama di relazioni, i valori storici e formali. Sicuramente da ammirare: Fronte di sarcofago in marmo con battaglia fra Greci e Troiani (II sec. d. C.) e una Falera in argento da Manerbio (I sec. a. C.) Nelle sale superiori, tra i pezzi più famosi: le falere di Manerbio (testimonianze dell’arte dei Galli del I secolo a.C.), la cosiddetta Vittoria alata in bronzo, databile al 1 secolo d. C. e sei grandi teste imperatorie di bronzo dorato.
Ultima perla, forse la più preziosa delle tre, è il complesso del monastero di Santa Giulia (in origine San Salvatore), fu fondato dal re longobardo Desiderio nel 753 d. C. sui resti di una precedente “domus romana”. Fu retto da una comunità di monache benedettine ininterrottamente fino alla soppressione avvenuta nel 1798. All’alto Medioevo appartengono parte del complesso e la basilica di San Salvatore, nella quale sono conservati i frammenti della decorazione originale in stucco e brani di un ciclo di affreschi dei primi decenni del IX secolo. Nel secolo XII, insieme con diverse opere di ristrutturazione, fu costruito l’oratorio a due piani di Santa Maria in Solario, a pianta quadrata, con tiburio ottagonale decorato da una loggetta e da archetti pensili.
Dalla fine del Quattrocento furono operate trasformazioni edilizie fondamentali che diedero al complesso l’aspetto rinascimentale che conserva tuttora: i tre chiostri ed il coro delle monache.
Nelle sale del museo oggi sono conservati reperti che spaziano dall’epoca preistorica, alla romana, alla rinascimentale, nonchè il Tesoro di Santa Giulia, che raccoglie la Lipsanoteca (casetta d’avorio)del IV secolo e la Croce di Desiderio, opera di oreficeria ricca di gemme, cammei e vetri dipinti del IX secolo. Tantissime sono le mostre tematiche e altrettanti i convegni e i seminari che periodicamente si svolgono in santa Giulia, segno che la l’aspetto culturale non è sottovalutato a Brescia, anzi è un settore in evoluzione e che costituirà un ulteriore volano per il turismo in Lombardia.
I Camuni e il Museo del Ferro a Bienno in Val Camonica (BS)
Insediatisi nella valle Camonica circa dodicimila anni fa, con il ritiro dei ghiacciai, i Camuni restano un enigma per gli studiosi, che non ne hanno ancora definito in modo certo le origini: secondo Plinio il Vecchio erano popoli euganei, e Strabene li identifica con i Reti, che abitavano una zona compresa fra il Tiralo e il Trentino, anche se i Camuni sembrerebbero molto più antichi di questi ultimi, e lo sarebbero anche dei Celti, dai quali subirono l’influenza rispetto all’uso del ferro, ma prima ancora appresero a forgiarlo dagli Etruschi.
Dediti alla caccia, con cervi e camosci come prede privilegiate, inizialmente erano seminomadi, poi iniziarono a costruire villaggi e a coltivare la terra, e quindi ad allevare il bestiame.
Ma avrebbero tramandato la propria esistenza ai posteri grazie alla passione per le incisioni rupestri. Restano le innumerevoli incisioni enigmatiche, con le quali i Camuni sono riusciti a scatenare la fantasia della cosiddetta Paleoastronautica, dato che alcune figure stilizzate mostrano una sorta di “casco”, con raggi, e con “strumenti di origine ignota”. Ma di questo ne parleremo nel prossimo paragrafo.
L’unico fatto certo è che i Camuni svilupparono a tal punto l’arte della forgiatura del ferro, la fusione e il commercio della “ferrarezza” da lasciare in eredità alla Val Camonica, oltre al nome, la tradizione delle fonderie. Nella zona infatti della Val Camonica, sorgono numerose fonderie e, con i tempi che corrono, non vivono certo vita facile. La secolare tradizione della lavorazione del ferro è tenuta in vita nelle fucine di Bienno con l’ausilio degli stessi magli tramandati nei secoli di storia.
A partire dalla lavorazione della ghisa che viene lavorata nella fucina ”grossa” per ottenere il ferro e l’acciaio, sino alla lavorazione nelle “fucine minute” dove si producevano attrezzi agricoli, dalle miniere ai forni, ai magli, l’intero ciclo di produzione era consolidato in tutto il territorio e ha lasciato testimonianze di un’economia forte e incancellabile.
Si può visitare, anche in questi giorni di festa, il Museo Etnografico del ferro, delle arti e delle tradizioni popolari (Fucina Museo) dove è possibile anche ammirare un’antica Fucina per la lavorazione del ferro.
Bienno si raggiunge percorrendo la Statale 42 fra Darfo e Breno, poi si imbocca l’uscita Esine e si prosegue in direzione Bienno, raggiungendone l’abitato dopo 5 km.
Bienno ospita ogni anno, ad agosto, anche una mostra mercato dell’artigianato e dell’antiquariato, seguitissima e ricca di sorprese. E’ un territorio quindi molto ricco di tradizioni e culture popolari, degno di essere visitato tutto l’anno.
I Camuni: uomini o extraterrestri?
Ci sono tantissime incisioni enigmatiche, con le quali i Camuni sono riusciti a scatenare la fantasia della cosiddetta Paleoastronautica.
Tra queste incisioni alcune figure stilizzate mostrano una sorta di “casco” al posto della testa, a volte circondato da raggi o fasci luminosi, che per giunta reggono tra le mani “strumenti di origine ignota“, c’è chi ha scritto volumi sulla presunta discendenza dei Camuni dagli… extraterrestri.
O per lo meno, i Camuni sarebbero stati visitati dai “marziani”.
A suffragare tale ipotesi ci si è messo pure il professore russo Aleksandr Kasanzev, secondo il quale le incisioni rupestri dei Camuni sono del tutto simili ad altre rinvenute in Africa, in Australia, nella Mesoamerica fino alle Ande: tutte popolazioni che avrebbero ricevuto influenze dagli “alieni”.
Secondo alcuni i Camuni sarebbero stati visitati dai “marziani”. A suffragare di tale ipotesi si è espresso pure il professore russo Aleksandr Kasanzev, secondo il quale le incisioni rupestri dei Camuni sono del tutto simili ad altre rinvenute in Africa, in Australia, nella Mesoamerica fino alle Ande: tutte popolazioni che avrebbero ricevuto influenze dagli “alieni”.
Un mappa della Val Camonica