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Sardegna, stupenda isola italiana, racchiude molte leggende. La più bella è “la leggenda del Golfo degli Angeli”. C’è un Golfo bellissimo, chiuso da azzurre montagne, che al tramonto il sole sembra quasi incendiare: è il Golfo di Cagliari, conosciuto anche come Golfo degli Angeli. Gli angeli, nei tempi lontani, chiesero a Dio un dono. Dio rispose che gli avrebbe dato in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano e vivevano felici.
“So che esiste questa terra, cercatela e se la trovate sarà vostra” aveva detto loro. Gli angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla Terra. Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre e odi. Stavano per tornare, tristi, da Dio, quando il loro sguardo cadde su una grande isola verde circondata da un mare tranquillo. Gli angeli si avvicinarono rapidamente. Non rumore di guerre né di distruzioni. Sulle colline fiorite brucavano grandi greggi. I campi arati non erano chiusi. Quei primi abitatori della Sardegna erano ignari delle ricchezze della loro terra, discendente da eroi che erano sfuggiti a tiranni e ingiustizie. Trascorrevano la loro vita in semplicità, contenti della pace e della bellezza dei luoghi. Gli angeli salirono felici in Cielo e riferirono al Signore ciò che avevano visto e Dio mantenne la promessa. Gli angeli, quindi, ridiscesero ancora sull’isola e rimasero incantati davanti al Golfo, estremo limite meridionale della loro terra.
Decisero quindi di stabilirsi lì, in quelle terre belle che ricordava il Paradiso. Presto però Lucifero, invidioso di quegli angeli felici, cercò di seminare fra essi lotte e discordie. Ma non ci riuscì e allora tentò di scacciare gli angeli da quel loro secondo Paradiso. Lottarono a lungo le forze del male contro quelle del bene. Ed ecco che alla fine, tra il lampeggiare delle folgori del Demonio si levò in alto la spada dell’Arcangelo Gabriele. Fu il segno decisivo della vittoria. Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero. Allora prese la sella e, in un impeto di collera, la lanciò nel Golfo formando un promontorio che poi venne chiamato “la Sella del Diavolo”. Sotto di esso, trovarono dapprima riparo le navi fenicie, poi quelle di guerra dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei Vandali e dei Bizantini. In seguito quelle dei Pisani, dei Genovesi e degli Spagnoli. Ed infine, quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani.
Così, oggi, gli angeli se ne sono andati dal loro Golfo incantato e lo guardano dall’alto. Vi discendono, a volte, lievi e silenziosi, all’ora del tramonto, quando il cielo si colora d’oro e di porpora.
Leggende della Sardegna: tra streghe e “ingurtidrojus”
Il paese delle streghe. Credete nell’esistenza delle streghe? No? Allora, parlate con uno qualsiasi degli abitanti di Villacidro e vedete un po’ cosa vi racconterà. Infatti, in questo grande centro urbano sardo, le streghe vivevano accanto alle persone comuni, indossando abiti normali e nascondendo la loro particolare fisicità: la lunga coda era ben nascosta dagli abiti, proprio per non attirare su di sé l’attenzione della gente comune.
Gli abitanti del posto descrivono le streghe come esseri malefici, in grado di trasformarsi in animali e persino in oggetti: spesso si introducevano nelle case assumendo le sembianze di una piccola mosca, ovvero di un gatto e arrampicandosi su per i balconi, riuscivano ad entrare nelle case indisturbate. Ma, cosa facevano queste streghe? Niente di buono purtroppo, poiché la loro missione principale non era quella di spaventare semplicemente le persone (in particolar modo i bambini), ma di fare malefici, i quali avrebbero abbracciato intere generazioni. Le morti dei bambini non sono cosa normale, o meglio, naturale, ma secondo gli abitanti di Villacidro il triste evento era opera di spietate e malefiche streghe. Nessuno poteva fare niente e tutti vivevano nel terrore, quasi rassegnati a questa forzata convivenza con questi esseri poco amichevoli.
Ma, venne il tempo della caccia alle streghe, non da parte degli uomini, ma da parte di San Sisinnio, il santo protettore contro diavolo e streghe. Il santo riuscì a liberare, con molti sforzi, il paese dalle streghe, proprio quelle con la coda e che riuscivano a trasformarsi. Quindi, ora il paese è libero? No, poiché come detto solo le streghe più forti e spietate vennero eliminate, mentre ancora oggi continuano a girare tranquillamente per il paese altre streghe, le quali non rappresentano una vera e propria minaccia, né tantomeno riescono a trasformarsi in qualche animale o altro, ma comunque sono in grado di fare delle potenti fatture. Insomma, siete avvisati: a Villacidro mai abbassare la guardia!
Girando nella zona di Cagliari, quindi, è necessario prestare massima attenzione nello scegliere il proprio interlocutore e non solo: guardate bene dove mettete i vostri piedi. Sono tantissimi gli “Ingurtidrojus” (inghiottitoi), cioè dei profondi pozzi scavati nel terreno per permettere all’acqua di defluire tranquillamente durante i forti temporali. Alcuni sono veri e propri buchi naturali, altri sono stati fatto dall’uomo. E, proprio attorno a questi inghiottitoi, la fantasia popolare si è divertita nel creare delle leggende, che però, per la gente del posto hanno davvero poco di fantastico. Gli “Ingurtidrojus” non erano solo dei normali pozzi per l’acqua, ma dei veri e propri tunnel verticali della morte, pronti ad inghiottire animali e persone. Quindi, se decidete di visitare il bellissimo Anfiteatro Romano di Cagliari, prestate la massima attenzione, poiché qui c’è un inghiottitoio ben visibile e molto pericoloso, il cui imbocco è ancora visibile. Si tratta di un pozzo molto profondo scavato non dai romani o da altri popoli che hanno abitato questi territori, ma creato direttamente dalla figura più paurosa che la mente umana è riuscita mai a creare: Belzebù. Una sorta di ascensore naturale utilizzato da Belzebù per far cadere animali, ma sopratutto uomini, nella sua tana infernale. Trasformarsi in pochi istanti nel pasto di questa diabolica creatura non era il massimo del piacere. E, questo appena descritto, non è l’unico inghiottitoio attorno al quale le leggende popolari hanno creato un vero e proprio velo di mistero, ma sono tantissimi e sparsi su tutto il territorio dell’intera isola.
Leggende della Sardegna: Maria Mangrofa
La Sardegna, terra meravigliosa e ricca di bellezze naturali invidiate in tutto il mondo, è anche terra antica e misteriosa, dove gli abitanti ricordano ancora luoghi e persone legate a tradizioni popolari decisamente antiche.
Siamo ad Orosei, un bellissimo paese che si affaccia sul cristallino mare che bagna le coste sarde. Un paese che sorge sul punto esatto ove prima vi era un altro centro abitato: Ruinas. Quest’ultimo era un villaggio abitato dai costruttori dei Nuraghi, dei veri e propri giganti, che però amano la tranquillità e non rappresentavano assolutamente una minaccia per gli uomini dei paesi vicini. Al contrario, erano gli uomini a rappresentare una minaccia: infatti, nel momento in cui arrivarono a Ruinas, uccisero la maggior parte dei giganti. Tutti gli altri, invece, scapparono lontano, spaventati dalla brutalità degli uomini che avevano deciso di impossessarsi del loro villaggio. Tutti, tranne uno, anzi, una: Maria Mangrofa si nascose nelle vicinanze del paese, in una grotta. Aveva le sembianze di una donna bellissima, ma da tutti gli uomini era considerata una strega. Durante la fuga riuscì a portare con sé un vero e proprio tesoro di immenso valore: monete d’oro, splendidi filati e un telaio tutto d’oro. Nascose tutto nella grotta.
Un giorno un contadino udì dei lamenti provenire proprio dalla grotta, che era molto vicino ai sui campi. Decise di entrare ed i suoi occhi furono accecati dalle tantissime monete d’oro contenute dai grandi bauli. Subito apparve Maria scortata da due leoni ed esclamò: “Se ruberai una sola moneta o se svelerai a qualcuno questo segreto, domani morirai”. Ma, il contadino, non curante dell’avvertimento, rubò una mancata di monete e scappò via a gambe levate. L’indomani l’uomo non si svegliò.
Maria Mangrofa, dopo quello che era successo al suo villaggio diventò sempre più cattiva: si narra che fra le sue pietanze preferite ci fosse la carne umana e che un giorno riuscì, con l’inganno, a catturare due bambini. Uno venne con gusto divorato e l’altro fece in tempo ad avvertire tutti gli abitanti del luogo. Gli abitanti di Orosei decisero allora di catturarla ed ucciderla. Così fecero, bruciandola viva in un grande fuoco. In molti non credono, oggi, alla sia uccisione ed è per questo che Maria Mangrofa continua a vivere nella tradizione popolare, spaventando bambini e anche qualche adulto.
La leggenda della Grotta dei Colombi
Chiudiamo questa breve avventura nella tradizione popolare sarda con quella che è, forse, una delle più interessanti leggende cagliaritane. La Grotta dei Colombi, situata alle pendici del colle Sant’Elia, nei pressi della spettacolare insenatura di Cala Fighera, è così chiamata proprio per la presenza di un numero impressionante di volatili che qui nidificano.
E’ noto che nel 1800 la grotta è stata evitata a lungo, perché considerata il nascondiglio di uno spettro maligno chiamato Dais. Il Dais, secondo avvenimenti realmente accaduti e documentati dalla cronaca, era un uomo che venne assassinato misteriosamente da brutti personaggi che poi, tra l’ingresso della cavità e l’acqua marina, abbandonarono il corpo sanguinante. L’anima di colui che viene brutalmente ucciso non può riposare in pace, ma è costretta a vagare e lamentarsi per l’eternità. Proprio il lugubre lamento del povero uomo brutalmente ucciso venne udito più di una volta dalle persone che con le loro imbarcazioni si avvicinavano all’ingresso della grotta, che era raggiungibile solo via mare. Si narra che ancora oggi, i paurosi lamenti dalla grotta giungono fino in mare, spaventando chiunque sia di passaggio.
Ma, perché fu ucciso Dais? Si tratta di una vendetta: tra il 1794 e il 1795, lo stesso Dais si fece promotore di tumulti popolari, che culminarono con l’uccisione degli infami traditori (così considerati dal popolo) Girolamo Pitzolo e Gavino Palliaccio.