Nazario Sauro

“Se non fosse stato per il cupo e monotono pulsare dei motori provenienti dalla sala macchine, il silenzio fra mare e cielo sarebbe stato altissimo in quella buia e calda notte di giugno. Nessun movimento, nessun rumore animava i vari reparti della nave. E la nave stessa si sarebbe detta deserta se, nella penombra, non fossero stati visibili uno due cinque dieci volti immobili, ansiosi nell’attesa di qualcosa che avrebbe dovuto rompere da un momento all’altro il silenzio”.

“E così” -riprese il capitano rivolto all’ufficiale di seconda (erano, entrambi, nella cabina di coperta) -“così Sambo dovette decidersi, finalmente. Lasciò Capodistria dov’era nato e vissuto, e riuscì a raggiungere Venezia, dove si arruolò nella nostra Marina. Voi sapete, naturalmente, che Sambo è solo il suo nome di guerra. Gli è stato dato per non fargli aver guai nel caso cadesse in mano nemica. Il suo vero nome è Nazario Sauro”.

“È un uomo straordinario, generoso, audace, ve lo assicuro io. Voi siete nuovo su questo nave, ma io ho avuto modo di conoscerlo in altre guerre. Vedrete che anche questa volta gli andrà bene. Nessuno più di lui conosce il luogo. Farà saltare in aria ciò che deve, né più né meno. E fra qualche minuto lo rivedremo a bordo”.

Il capitano si interruppe. Scrutò fuori dalla cabina, in direzione di alcune luci che oscillavano a 100 metri da loro, lungo il molo del porto nemico.

Tacque ancora qualche istante, poi proseguì: “abbiamo saputo, però, che a Capodistria la polizia austriaca sorveglia e perseguita in cento modi la famiglia Sauro. Sambo è angustiato. Adora sua madre, ma non la rivede da due anni. Inoltre, gli è capitata la disgrazia di avere un cognato austriacante. È certamente un uomo capace di tradirlo, se domani…”. Una vampata immensa, seguita da un fragoroso boato, ruppe a metà la frase del capitano. Gli uomini, nella nave, si mossero.

Il capitano annunciò: “Ci siamo. Sambo ce l’ha fatta! Accostare per la scialuppa e appena Sambo è a bordo, filare”.

Il motivo per cui l’Italia volle onorare la memoria di Sauro, fu la sua partecipazione a difficili missioni navali di guerra, grazie a lui vinte. La notte tra il 30 e il 31 luglio 1916 il sommergibile Pullino di Sauro si incagliò. Il capitano, visto l’inutilità dei tentativi di disincaglio, aveva dato ordine ai suoi uomini di abbandonare l’unità.

Sambo si allontanò ma fu catturato dagli Austriaci. Si ritrovò contro il cognato, invece la madre non volle riconoscerlo pur di salvarlo. Fu il cognato, durante il processo, a dargli il colpo di grazia.

(Scritto da Matteo)

Il “gigante” Primo Carnera

Con potenti ganci e montanti da paura Primo Carnera ha conquistato un posto di prestigio tra i personaggi famosi del Friuli-Venezia Giulia. Un gigante, un grande sportivo, che per primo ha portato il tricolore italiano in giro per il mondo attraverso la nobile arte della boxe. Una vera e propria leggenda.

Primo Carnera è stato senza ombra di dubbio il più grande pugile italiano del ‘900. Nacque il 25 ottobre del 1906 ed è conosciuto, ancora oggi, in Italia e nel mondo, come il “gigante”. Perché è diventato così famoso? La sua è stata un’impresa che è destinata all’immortalità: è stato il primo pugile italiano (di certo a livello mondiale non ci siamo mai contraddistinti in questo sport, anche se i talenti italiani sono stati e sono ancora tanti) a conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi. Un evento memorabile.

Chiamato gigante non per le sue imprese sportive, ma per la sua statura e il suo possente fisico: alto più di 2m e con un peso che oscillava attorno ai 120 chilogrammi. Però, prendendo in considerazione la sua carriera e le sue grandi vittorie non è così sbagliato definirlo gigante anche per il solo fatto di essersi distinto in questo sport e per aver portato la boxe italiana sul tetto del mondo.

Primo Carnera, personaggi famosi del friuli
Una vecchia foto del gigante Primo Carnera By I. Bryant, New York (Private collection) [Public domain], via Wikimedia Commons
La sua storia e la sua carriera sembrano la trama di un film ben studiato, anzi una vera e propria favola. Quella di Primo Carnera può essere definita come la scalata al successo dell’emigrante. Partito da Sequals (a 18 anni), un paesino a 40 chilometri da Udine, si trasferì presso alcuni suoi parenti che si erano integrati nel territorio francese, vicino Le Mans.

Dobbiamo ringraziare lo zio francese di Primo Carnera: è stato lui a far innamorare il nipote della boxe e a lanciarlo su ring. Sudore, sacrifici e tanto cuore: questi i fattori che hanno permesso al gigante italiano di massacrare (sportivamente) il suo primo avversario francese. Un inizio incredibile che illuminò gli occhi del pugile italiano, proiettandolo verso l’Olimpo dei campioni.

Uno, due, tre e ancora tanti avversari cadevano sul ring sotto i colpi possenti di Primo Carnera, che il 26 giugno del 1933 a New York riuscì a sconfiggere in sole sei riprese il campione Jack Sharkey, diventando il nuovo campione dei pesi massimi di boxe.

Il gigante italiano in poco tempo divenne famoso in tutto il mondo, ma mai abbandonò la sua tanto amata spontaneità.

Primo Carnera morì il 29 giugno 1967.

Nel 2008 è stato presentato al Madison Square Garden di New York il film biografico “Carnera”: the Walking Mountain”, il tutto accompagnato dalle parole della figlia del campione che ha avuto modo di raccontare anche i dettagli meno conosciuti della vita del pugile italiano.

La villa di Primo Carnera: un museo della boxe made in Italy.

Per chi ama il pugilato e per tutti gli amanti dello sport in generale si consiglia una visita alla residenza di Sequals del gigante. Villa Carnera, vicino Pordenone, si presenta all’esterno come un meraviglioso edificio in stile liberty, con particolari architettonici davvero incredibili che spaziano tra il classico e il moderno.

Due sono i piani della villa: al pianoterra l’arredamento è rimasto lo stesso, proprio quello degli anni ’70; al primo piano è stata allestita una bellissima mostra che documenta, con fotografie e vecchi filmati, la vita del grande campione e la sua scalata al successo.

Una bellissima casa-museo, che ospita anche la palestra personale di Primo Carnera, aperta ufficialmente al pubblico nel 2012, dopo numerosi lavori di restauro e conservazione.

Il grande inventore Luigi Magrini

Sembra che Luigi Magrini (Udine 1802-Firenze 1868) sia riuscito ad entrare nel grande gruppo dei personaggi famosi del Friuli-Venezia Giulia solo da pochi decenni. Questo perché le sue ricerche e i grandi risultati ottenuti da lui ottenuti sono stati rivalutati, riconoscendogli meriti di grande valore.

Nato da una famiglia modesta, conseguì la laurea in matematica presso l’Università di Padova. Luigi Magrini si sentiva a proprio agio nel mondo scientifico, all’interno del quale cominciò da subito a stringere amicizia con i fenomeni elettrici, ampiamente studiati proprio in quel periodo storico.

È proprio il caso di dire: “un colpo di fulmine”. Magrini se ne appassionò a tal punto da modellare la sua vita sulla passione per questo ramo delle scienze.

Dopo aver ottenuto la cattedra di fisica presso un liceo veneziano, Magrini si concentrò sul perfezionamento del suo telegrafo. Tra i tanti scienziati tutti ricordiamo l’americano Morse, che dall’italiano copiò l’uso del tasto. Copiare in questo caso è una parola di grande peso e dovrebbe essere utilizzata con la massima cautela, ma in questo breve riassunto della vita dell’inventore italiano ci limitiamo ad esporre semplicemente i fatti, i quali, come in questo caso, possono fondarsi anche su “voci del settore”.

I meriti di Luigi Magrini furono davvero tantissimi e proprio nel periodo del suo trasferimento a Milano come insegnante presso un altro liceo, cominciò ad interessarsi anche all’astronomia e alla meteorologia.

Tanti furono i suoi scritti, le sue memorie e i grandi progetti che puntavano dritto al futuro, come quello per il cavo telegrafico sottomarino.

Al Museo Galileo di Firenze sulla scia del genio di Luigi Magrini

A Firenze, presso il Museo Galilei è possibile ammirare alcune grandi invenzioni di Magrini. Precisamente, nella sala XVI, è custodita una versione incompleta del galvanometro ideato proprio dall’inventore friulano, che proviene dalle collezioni lorenesi.

All’interno della stessa sala è custodito anche il motore elettrico di Magrini, che ha un movimento simile a quello delle macchine a vapore.

Pacifico Valussi

Chi è Pacifico Valussi e perché lo ritroviamo tra i personaggi famosi del Friuli Venezia-Giulia?

Pacifico Valussi è considerato il padre del giornalismo friulano nell’epoca risorgimentale. Nacque a Talmassons, piccolo comune della provincia di Udine, nel 1813. Dopo aver conseguito la laurea in matematica presso l’Università di Padova, si trasferì a Venezia, dove ad accoglierlo c’era un prete, suo fratello.

Strinse da subito amicizia con altri friulani che avevano la sua stessa idea, il suo stesso sogno: liberare l’Italia dal giogo austriaco. Qualche anno dopo si trasferì a Trieste, poiché fu assunto come redattore di un giornale locale, che gli permise di mettere nero su bianco il suo pensiero, il suo modo di lavorare e concepire il giornalismo.

Pacifico Valussi comincia ad occuparsi di politica internazionale e la sua fama di redattore cominciò a crescere enormemente. Quando fu proclamata a Venezia la Repubblica, Valussi fu chiamato proprio in questa bella città per dirigere il prestigioso giornale “Gazzetta di Venezia”. Qui restò fino alla caduta della Repubblica, per poi trasferirsi nuovamente nel suo paesino di origine.

Pacifico Valussi è stato il fondatore de “L’annotatore friulano”, un settimanale che per ben sei anni occupò i primi posti delle riviste più lette.

Per un lungo periodo di tempo fu costretto ad allontanarsi dalla sua terra perché non visto di buon occhio dalle autorità. Fece ritorno in Friuli solo dopo che la regione fu annessa al Regno di Italia, proprio quando Quintino Sella lo spinse a fondare e dirigere un nuovo quotidiano, “Il Giornale di Udine”.

Due erano le passioni di Pacifico Valussi: il giornalismo, quello vero, e la politica (fu deputato per tre legislature).

Morì a Udine nel 1893.

Paolo Diacono

Paolo Diacono (Cividale del Friuli 702 – Montecassino 799) fu monaco nel Convento di Civate presso Como e poi a Montecassino ed era ben visto dai re longobardi, forse anche per il fatto che era di nobile famiglia longobarda.

cividale del friuli, personaggi famosi friuli
Cividale del Friuli, splendida realtà urbana italiana, dove storia e cultura camminano a braccetto By Aconcagua (Own work) [GFDL or CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons
Prendendo in considerazione queste poche parole fin a questo momento spese, non si riesce a comprendere in alcun modo il motivo che ha portato Paolo Diacono ad essere inserito nella lista dei personaggi famosi del Friuli-Venezia Giulia.

Stiamo parlando di un grande storico friulano autore de Historia Langobardorum, un racconto ben dettagliato della storia del suo popolo, ampiamente apprezzato per come scritto. Paolo Diacono racconta la storia del suo popolo con aulica freschezza, regalando un racconto vivo di altezza epica, che divenne la fonte più importante per la conoscenza di quell’epoca.

Paolo Diacono ha anche elaborato un riassunto del De verborum significatione di Verrio Flacco, che eliminò le lacune dell’opera di Sesto Pompeo Festo. Per questo motivo l’opera dello storico friulano divenne importantissima per conoscere quella di Verrio Flacco.

Paolo Diacono non è stato un grande musicista, uno sportivo di successo, un grande scienziato, ma semplicemente uno storico, che ha regalato al mondo delle opere dal valore inestimabile, unendo alla perfezione i tasselli del grande puzzle della storia.

La città e la casa di Paolo Diacono

La casa dello storico friulano è un luogo di intesse storico e culturale di grande prestigio. Ci troviamo a Cividate del Friuli, punto di partenza dell’itinerario longobardo in Italia, riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità.

La città conserva significative testimonianze longobarde, come il misterioso tempietto che ben rappresenta le straordinarie architetture dell’alto medioevo occidentale, l’altare fatto costruire dal duca Ratchis e la fonte battesimale del patriarca Callisto.

Sono i due musei cittadini, il Museo Cristiano del Duomo e il Museo Archeologico Nazionale ad attirare un numero incredibile di turisti e curiosi.

Cividate del Friuli è una splendida realtà tutta da conoscere e nella quale ritrovare preziosi frammenti storici e perdersi nella sua atmosfera misteriosa e seducente.

Tra le cose da vedere in questa località del Friuli-Venezia Giulia c’è anche la casa di Paolo Diacono, la quale sorge proprio sulla piazza principale e più bella di questa realtà urbana. Il fascino dell’edifico, che armoniosamente si fonde con le architetture che lo circondano, è davvero incredibile. Un luogo simbolo per la storia, un luogo che racconta a voce alta la storia di un grande intellettuale del passato che ha scritto pagine di fondamentale importanza per l’identità italiana ed europea.

 

 

 

 

 

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