I Principali Argomenti
Le origini
Spesso parliamo oggi di cibo, per tante ragioni. Le trasmissioni televisive che se ne occupano aumentano di giorno in giorno. Ma l’arte della cucina, dello stare bene a tavola, è molto antica e non tutti sanno che il primo a parlare di gastronomia fu un siciliano.
II più celebre testo della gastronomia greca antica, intitolato Edipateia ossia “La buona vita”, è opera infatti di un siciliano, Archestrato di Gela, che lo compose attorno al 300 a. C.È un poema in versi che mescola il genere didattico con il resoconto di viaggio, assumendo l’aspetto di una guida gastronomica, la più antica che conosciamo. Purtroppo essa è andata perduta: solo 62 frammenti, 300 versi in tutto, sono riportati in un’altra opera, i Deipnosoflsti di Ateneo, che, raccogliendo citazioni di molti testi oggi scomparsi, ne ha conservato almeno in parte la memoria.
Dalle informazioni di Ateneo si deduce che esistevano, in Grecia e nelle sue colonie, manuali di gastronomia e anche specifici, sulla cucina di pesce, sui dolci, sulla panificazione, sulla cucina dietetica e curativa, sui legumi, sulle conserve. Dei cuochi italici e siciliani si parlava ovunque, con ammirazione ma talvolta anche con diffidenza.
Pare infatti che vi fossero due opposte maniere di intendere l’arte culinaria: per alcuni essa presupponeva un ‘elaborazione complessa, raffinata (era questa, sembra, la linea della ‘scuola siracusana’); per altri doveva mirare alla semplicità, al rispetto dei sapori naturali. A questa seconda tendenza si rifanno i suggerimenti di Archestrato, che raccomanda sobrietà ed esclude l’uso di salse complicate.
Archestrato insiste soprattutto sulla materia prima: i pesci vanno cercati di perfetta qualità, nel luogo giusto, nel momento giusto. Olio, sale, un po’ d’aceto, all’occorrenza un pizzico di erbe aromatiche saranno sufficienti per condirli. Sono insegnamenti che molti chef di oggi ancora fanno propri, ma il consumismo purtroppo ha tolto la poesia dai piatti e li ha “appiattiti” (scusate il gioco di parole) su se stessi. La tanto sbandierata fantasia infatti oggi maschera più che altro una mancanza di conoscenza delle materie prime, che invece saggiamente vanno conosciute e rispettate. Proprio come insegnava Archestrato. Peccato che uomini così non ne nascano più.
Ingredienti e piatti della tradizione
La Sicilia è una regione ricca di tradizioni culinarie. I piatti tipici sono tantissimi e la maggior parte di essi è a base di pesce, come è giusto che sia per un’isola.
Ma per un corretto pasto non devono mancare gli antipasti, a cominciare da cardi e carciofi passati in pastella e fritti, gli insaccati (il salame di Chiaramente Gulfi o quello di Sant’Angelo di Brolo è quello che vi consigliamo), le olive acciurate, ossia annegate nell’olio extravergine d’oliva e la caponata, una ricetta a base di melanzane. Immancabile il piatto di panelle, cotolette di farina di ceci incredibilmente gustose con una spruzzata di limone.
E poi i formaggi, dal caciocavallo al maiorchino, dall’ericino al fiore sicano… Passando ai primi è obbligatorio citare la pasta al forno, ossia uno sformato di anelletti infarciti da tutto quello che detta la fantasia della cuoca: sugo, carne macinata, melanzane, formaggio filante. Prende il nome dalla celeberrima opera di un catanese doc come Vincenzo Bellini, la pasta alla “Norma” con sugo e melanzane fritte.
Per i palati più delicati e per gli amanti del pesce, c’è sempre la deliziosa pasta con le sarde. Quando si arriva al momento del secondo, il pesce, in tutti i modi, la fa davvero da padrone.
Cucinato al forno o alla brace ecco il pesce spada, il tonno, la spigole, senza dimenticare le tipiche sarde a beccafico, involtini di sarde ripieni di pangrattato, pinoli e uva sultanina. Ma anche gli amanti della carne hanno di che godere con la gustosissima salsiccia cotta alla brace, la carne di castrato, il capretto, sempre contornato dalla più classica delle insalate con pomodoro, finocchio e cipolle.
Per i più temerari e soprattutto per i più golosi, l’appuntamento col dessert riserva qualche classico come l’immancabile cassata o i golosi cannoli e tante piccole delizie tutti da scoprire. Per esempio i buccellati con marmellata di fichi, la frutta martorana a base di zucchero e farina di mandorle, i cuddureddi, dolcetti al ripieno di miele o di ricotta o di frutta candita, le reginelle, biscotti ricoperti di sesamo.
Tante altre sono le prelibatezze della cucina siciliana, sta a voi andare a scoprirle e a…mangiarle.
U spatu
Passiamo ora alla pratica, entriamo in una cucina siciliana. Tra i piatti caratteristici di pesce sulle tavole siciliane, il posto d’onore spetta al pesce spada, “u spatu”, per dirla alla siciliana.
Il pesce spada, per forma, stazza e la caratteristica protuberanza da cui ne deriva il nome, è il “principe” del pescato siculo.
Tradizione millenaria assurta a vero e proprio rito, la pesca del pesce spada nello Stretto di Messina veniva praticata dai Greci, dai Cartaginesi e dai Romani, dopo che questi si impadronirono dello Stretto alla fine della Seconda Guerra Punica ( 251 A.C.) insediandovi gli alleati mamertini, il popolo da cui deriva l’attuale popolazione messinese.
Peculiari della provincia di Messina sono le imbarcazioni utilizzate per la pesca del poderoso pesce, le feluche, caratterizzate da alti alberi per avvistare le prede.
I pesci spada attraversano generalmente lo stretto in Primavera e in Autunno, che sono dunque le stagioni migliori per acquistare tranci di pesce spada nelle pescherie o per gustarne i vari piatti che col pesce spada si preparano. Venendo infatti alle ricette di pesce spada, una delle gemme della tradizione culinaria messinese sono le braciolettine, involtini con pangrattato, olio, aglio. Per prepararle è necessario un taglio molto sottile del trancio di pesce spada che si pratica solo nelle pescherie messinesi. Si possono cuocere alla griglia, aggiungendo del salmoriglio o “a ghiotta”, la vera specialità messinese. Ecco il dettaglio della ghiotta: le braciolettine vengono fatte rosolare in un soffritto d’olio, cipolla e sedano aggiungendo, poi, salsa di pomodoro, olive e capperi.
Una vera prelibatezza da accompagnare con vini bianchi siciliani come il Terrale, il Barbazzale, il Brusìo.
Il cioccolato di Modica (RG): eccellenza italiana
Di fiere, mostre e mercatini del cioccalato ce ne sono tanti in Italia, dal nord al sud. Famosissimo è l’appuntamento con Perugia e la sua cioccolata in piazza. Ma anche la Sicilia ha la sua buona, particolare e pregiata produzione di cioccolato.
Quello di Modica, in provincia di Ragusa, ad esempio è un tipo di cioccolato molto particolare: lavorato totalmente a mano come facevano gli Atzechi al tempo dei conquistadores spagnoli, viene definito cioccolato “a freddo” perché non passa attraverso il concaggio (fase di lavorazione che elimina la granulosità del composto) e non può essere temperato (sciolto) essendo privo di burro di cacao. Di colore nero scuro con riflessi bruni, è granuloso e friabile, rustico e con granuli di zucchero lasciati grossolani. Il suo gusto di cacao tondo, vellutato, persiste con note leggermente astringenti.
Viene tradizionalmente aromatizzato con cannella o vaniglia, ma si può trovare facilmente al peperoncino, alla carruba e al caffè. Ha origini antichissime, furono infatti gli spagnoli che durante la loro dominazione in Sicilia nel XVI secolo importarono nella Contea di Modica numerosi tipi di spezie (come la cannella, la vaniglia, il peperoncino) i primi chicchi di cacao e il “xocoàtl”; un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata “melate”, in modo da far sprigionare il burro di cacao e ottenere una pasta granulosa. Ci si rese conto che unendo la massa di cacao ottenuta dai semi di cacao, che venivano tostati e macinati, e la canna da zucchero (scoperta nei primi anni del ‘700), si univa i gusto amaro e forte del cacao al gusto dolce dello zucchero.
Ancora oggi il Cioccolato Medicano viene fatto grazie alla tradizione che da padre in figlio è stata tramandata dal ‘700; da allora non è mai passato alla lavorazione industriale conservando la genuinità e la purezza degli ingredienti, nonché l’artigianalità della sua manifattura. Oggi il procedimento è regolato dal disciplinare della Denominazione Comunale, che tutela e garantisce la produzione esclusiva nel territorio. Tutto ciò lo distingue dagli altri tipi di cioccolato, rendendolo originale e quindi unico nel suo genere.
La mancanza di burro di cacao rende questo cioccolato altamente digeribile, meno grasso. Soprattutto si può assaporare meglio il vero gusto del cioccolato perché gli aromi si separano meglio in bocca. E’ ideale dunque anche per chi vuole stare a dieta, non eccedendo nel consumo di grassi. Per proteggere storia, memoria e ricetta di questo cioccolato è nato, nel 2003, il Consorzio di Tutela del Cioccolato Modicano (CTCM). Il Consorzio raggruppa venti produttori della città che lavorano, insieme alla Camera di Commercio di Ragusa, per stabilire un disciplinare di produzione e ottenere il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta),nonchè salvaguardare, valorizzare e promuovere un prodotto così antico e prestigioso. Ogni anno si prepara l’ormai tradizionale appuntamento con “Chocobarocco“, la mostra-mercato del cioccolato di Modica che si svolge tra aprile e maggio.
La cassata siciliana
E’ il dolce tipico della Sicilia e non si può non assaggiarlo quando ci si reca sull’isola: è la cassata.
Le sue radici risalgono alla dominazione araba (IX-XI secolo). Infatti, furono gli arabi a portare a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l’arancia amara, il mandarino e la mandorla.
La ricotta, invece, era un prodotto tipico della Sicilia. Ma bisogna aspettare gli spagnoli per trovare in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. E durante il Barocco, ecco la frutta candita. A quel punto non resta che unire tutti gli ingredienti pervenuti nei secoli in terra siciliana per creare questo gustosissimo dolce.
E sono le monache le prime a farlo per dare vita a un dolce per le feste pasquali. La decorazione caratteristica con la zuccata è del 1873, frutto dell’intuizione di un pasticcere palermitano in occasione di una manifestazione che si teneva a Vienna. La ricetta della cassata è semplice, ma esistono numerose varianti locali. E anche l’aspetto esteriore non è mai lo stesso.
Può essere scarno, con una semplice decorazione di glassa e un po’ di arancia candita, oppure maestoso, perfino baroccheggiante, in un tripudio di perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi. Unico, inimitabile e inconfondibile resta il sapore, assolutamente da provare, per chi non lo avesse già fatto.
Naturalmente le specialità di questa terra sono tante e non mancheremo nei nostri prossimi articoli di farvele scoprire..
Sembra che per produrre la cassata gli Arab abbiano portato anche i Siciliani in Sicilia.