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Moltissimi di voi che ci leggete avrete visistato i fori romani. Sabato scorso li ho visitati (la parte repubblicana per precisione) per la seconda volta, aiutata non più dai soli cartelli presenti sul percorso (pochissimi), ma dall’audioguida, una sorta di cornetta grazia alla quale, passo dopo passo, sono riuscita a capire qualcosa in più degli scavi, che sono sì suggestivi e belli, ma non raccontano  a chi non sa di storia e di archeologia la vita di Roma. Sono del parere, infatti, che non bisognerebbe lasciarsi solo rapire da un impatto immediato nel guardare le cose. Soprattutto se si tratta di scavi.

Lo sguardo va aiutato dalla cognizione, perchè più si sa “leggere” ciò che si ha difronte, più saremo capaci di coglierne la bellezza.

Così, pagati i 12 euro di biglietto (con cui potrete visitare tutto l’ampissimo percorso che vi impegnerà parecchio in tempo e gambe e anche il Colosseo, entro 48 dall’emissione del ticket) mi sono addentrata nel foro, armata di audioguida (4 euro per l’area repubblicana, 6 euro per area repubblicana e imperiale).

La bella voce in stile Quark mi ha suggerito dove guardare e mi ha dato parecchie notizie. Una sola, delle tantissime, vi riporto in questo diario di viaggio, perchè mi ha colpito.

Il tempio di Saturno è forse il più antico edificio rimasto dell’età repubblicana. Si trova ai piedi del Campidoglio, a sud-ovest dei Rostra imperiali. Il tempio, di cui si ammirano le 6 colonne con capitelli ionici, era dedicato a Saturno, che veniva festeggiato a fine dell’anno con i Saturnali, in occasione dei quali si cancellavano debiti, si azzeravano le differenze sociali, si celebravano riti, si festeggiava con giochi e banchetti.
Le “saturnalia” rappresentano le radici del Carnevale moderno.
Non lontano dal tempio è stata rinvenuta l’iscrizione latina più antica che si conosca, dove lo stesso alfabeto è ancora in fase di evoluzione rispetto a quello codificato.
Durante degli scavi condotti alla fine del XIX secolo venne rinvenuto un altare con un cippo che presentava un’iscrizione databile intorno al 575-550 a.C.La possibile ricostruzione delle parti mancanti e la traduzione delle parti leggibili ci dicono che questa iscrizione è una sorta di ammonimneto a non violare il luogo sacro.
La pietra nera è stata da poco alla ribalta delle “cronache locali” perchè si dovranno riaprire i cantieri intorno alla zona in cui è stato rinvenuto l’altare.Vi rfimando agli articoli di Italia Sera e del Messaggero per approfondimenti
http://storiaromana.blogspot.com/2009/06/lapis-niger-sara-presto-restituita-ai.html
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=65318&sez=HOME_ROMA

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