Dalla notte dei tempi le campagne del bolognese ospitano delle caratteristiche colonnine in mattoni, sormontate da piccole edicole a forma di tempietto che racchiudono al loro interno delle immagini sacre.
Queste costruzioni, autentiche microarchitetture figlie di un’arte povera che riguarda sia i materiali che le decorazioni artistiche, sono popolarmente conosciute come “i pilastrini”. Le origini si fondono in una combinazione di fede, tradizione e cultura popolare, e rappresentano ancora oggi un patrimonio unico che testimonia la profonda religiosità che ha caratterizzato – nei secoli- la vita dei paesi, non solo del bolognese a dire il vero. Li troviamo ovunque, lungo le strade, nei crocicchi, nelle campagne più lontane, e ogni pilastrino non è “li per caso”, ma risponde a ragioni profonde originate dal desiderio di affidare a Dio la sicurezza della famiglia, il cammino del viandante e la prosperità dei campi coltivati. Intorno ad essi si riunivano le Comunità per recitare il “rosario” o per festeggiare alcune ricorrenze religiose particolarmente importanti.
E’ difficile ricostruire con precisione l’origine dei pilastrini, ma è comunque appurato che le motivazioni vanno ricercate nella storia pre-cristiana e riguardano principalmente il tempietto, o edicola, che ne costituisce il punto centrale e più importante. Infatti, nel mondo pagano queste edicole avevano la funzione di consentire al viandante dì invocare la protezione delle anime dei defunti poste a protezione dei crocicchi (compitum) stradali con il compito di indicare la giusta direzione. Nel bivio, infatti, era necessaria l’assistenza della divinità per guidare il viandante a scegliere la strada giusta, ma anche per proteggerlo da eventuali incontri con ladri e banditi. L’eventuale lucerna, visibile da lontano nel buio della notte, era anche un sicuro punto di riferimento e di orientamento.
L’avvento del cristianesimo non segnò la fine di queste testimonianze del paganesimo romano, anzi, al contrario, i pilastrini furono opportunamente modificati per rendere più agevole e sicuro il cammino dei pellegrini diretti a Roma. Le nicchie delle edicole diventarono quindi tre, o quattro, e la lampada fu ovviamente sistemata in quella centrale, fronteggiante la strada. In quelle laterali, furono collocate delle immagini sacre, e la religiosità popolare provvide ad affidare ogni pilastrino alla misericordia di qualche Santo protettore. La Chiesa non ostacolò mai la diffusione di questa forma di religiosità popolare, e le piccole cappelle votive, isolate dalle abitazioni e prevalentemente collocate all’inizio del borghi rurali o delle masserìe più isolate, continuarono a riunire in sé le caratteristiche della devozione religiosa (invocazione della protezione divina), unitamente alle esigenze di pratica utilità (illuminazione dei crocicchi o punti di riferimento stradali). In alcuni paesi, l’antica usanza di collocare un lume, o una lampada, davanti ali ‘immagine della B. Vergine, fa sì che ancora oggi essa sia venerata come “Mater divini luminis “.
Il pilastrino più caratteristìco è certamente quello che si trova all’incrocio delle antichissime “via d’Anzola, o via per S.Giovanni Persiceto” (oggi via M.Mazzoni) e la “via della Tomba” (oggi via G.Garibaldi) nel territorio delle Budrie.
Altri pilastrini possono essere ammirati nelle campagne e negli incroci di Anzola dell’ Emilia, Zola Predosa, Budrie di Persiceto, Castel Bolognese e in tanti altri paesi della provincia di Bologna e non solo.