Viaggiare è una delle attività che caratterizzano la modernità, anzi ne è forse il tratto distintivo: la nascita e lo sviluppo di mezzi di trasporto sempre più veloci e sicuri, le nuove necessità di un mondo i cui mercati non hanno reali confini, lo stimolo sempre crescente a confrontarsi con realtà anche lontanissime; sono tutti fattori che hanno influenzato in maniera notevole la crescita esponenziale del numero e della frequenza dei viaggi all’estero da parte degli esseri umani.

Nuove mete convivono con vecchi approdi: non c’è quasi angolo di questo mondo che non sia stato visitato ed i motivi dei viaggi naturalmente sono i più diversi, ma riassumibili sostanzialmente in due: motivi turistico-culturali e lavorativo-economici.

Dal nostro angolo visuale (da italiani, intendo) la questione assume connotati particolari.

Gli italiani sono grandi viaggiatori (il mondo intero ci considera viaggiatori per eccellenza, in effetti), esploratori, scopritori di mondi; tuttavia, nel corso del tempo, specie negli ultimi decenni, l’immagine che diamo di noi stessi è ben diversa e, per molti versi, poco edificante.

Siamo considerati, con le dovute eccezioni, delle macchiette o qualcosa di simile: simpatici casinisti incapaci di comunicare se non a gesti, con un inglese dai tratti maccheronici.

Sono in molti a credere che in tutto questo vi sia ben poco da ridere e che tale condizione generalizzata meriti un cambio di rotta reale.

D’altro canto, il nostro sistema scolastico si dimostra piuttosto inadeguato e le lingue straniere rimangono un oggetto maneggiato con una certa difficoltà ed anche, probabilmente, un certo grado di sufficienza da parte di tutti gli operatori coinvolti, a cominciare dai dirigenti scolastici e dai docenti stessi (anche qui con le ovvie eccezioni): probabilmente, il problema di fondo è la generale considerazione di cui godono le lingue.

Se non bastassero le opinioni sempre più numerose e le testimonianze dirette, infatti, sono ormai innumerevoli anche i documenti ufficiali delle autorità nazionali e sovranazionali (in primis l’Unione Europea) che chiariscono quale sia la reale rilevanza della conoscenza delle lingue straniere (l’inglese innanzitutto).

Dunque: il viaggio, dicevamo.

Eccettuati tutti coloro che viaggiano in solitaria e per “ritirarsi dal mondo”, la gran parte di chi si reca all’estero deve comunicare (per le espressioni inglesi più utili quando si viaggia in aereo, clicca qui): vuoi per chiedere informazioni su un menù, vuoi per descrivere ad un possibile acquirente le specifiche di un dato macchinario, vuoi per chiacchierare con qualcuno incontrato per caso o magari per chiedere informazioni su quella certa tradizione culturale ai nativi del luogo: lavoro, svago cultura e arricchimento personale. Sempre di comunicazione si tratta.

Lingua non significa grammatica, non solo almeno. Non significa conoscenza del lessico di per sé, ma usarlo per essere efficaci e completi in ogni contesto comunicativo in cui ci si trovi ad operare. Affinché lo strumento-lingua sia vivo.

Per padroneggiare una lingua straniera al meglio è necessario, stando alle più recenti acquisizioni degli studiosi, calarla in contesti reali (o che simulino il più possibile la realtà): usarla, appunto, per comunicare. In tal senso, bisogna vincere l’errata convinzione che si debba incamerare una quantità copiosa di regole grammaticali e di lessico per poter anche solo pensare di imbastire una comunicazione qualunque.

Ci sono infatti scuole come ILM in Toscana che offrono ai propri studenti soggiorni studio che possono diventare speciali occasioni di vacanza per un insegnamento dell’italiano a contatto con l’arte e il mare. Non si tratta quindi di uno studio passivo su libri e dizionari, ma un percorso di studi che diventa anche un percorso di socializzazione all’interno del contesto a cui appartiene la lingua studiata.

Tuttavia, le cose non stanno proprio come in molti (specie italiani) hanno sempre pensato.

La New Way School di Brescia vuole, in qualche modo, affermare con forza questa verità di fondo: l’approccio alle lingue che qui è stato adottato è esattamente questo, legato alle nuove teorie comunicative ed olistico-globali.

La New Way si propone di produrre, favorire la comunicazione tra le persone: il tutto insegnando le lingue in modo nuovo: ci riferiamo, in primo luogo all’approccio conversazionale che caratterizza il lavoro dei docenti ed all’apparato tecnologico su cui si è deciso di puntare. Le lavagne interattive, ad esempio, che consentono, durante le lezioni in aula, di usufruire di materiale audio/video di ogni sorta e di accedere alla piattaforma on-line, personalizzabile (caso unico in tutta Italia). L’aggettivo personalizzabile non è usato a caso: questa piattaforma unica lo è nel vero senso della parola. Un vestito totalmente realizzato su misura del singolo studente: è possibile per lo staff New Way School, infatti, creare lezioni ed attività sulla base di specifiche esigenze e richieste, indipendentemente dal livello di partenza dello studente e caricarle sulla piattaforma, a cui solo il singolo corsista ha accesso; il tutto costantemente supervisionato da docenti in grado di inviare feedback quotidiani sull’attività svolta, nonché consigli, rimandi e suggerimenti.

Per accedere è sufficiente una connessione Internet. Oltre al materiale che essa offre, è presente una serie di contenuti extra (forum interattivi; video BBC esclusivi; audio e script scaricabili, articoli di giornale differenziati a seconda del livello, corrispondenza privata con altri iscritti in giro per il mondo, app per il telefono), in grado di coprire più di 1000 ore di fruizione di default.

Grazie a New Way School, comunicare e viaggiare potrebbe essere molto diverso da oggi.

Se volete contattare la New Way School, potete consultare il sito web http://www.newwayschool.it/ o utilizza i nostri contatti:

New Way School
Viale Duca D’Aosta 30
25121 Brescia
BS – ITALIA
TEL. 0302077748

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